La scrittura per affrontare un lutto

Sfogliavo pigramente la mia dose di informazioni online quando mi sono imbattuta in questo articolo di Concita De Gregorio (QUI).

La giornalista e scrittrice pubblica una testimonianza toccante: è la lettera di Maurizia, scritta a tre anni dal suicidio del marito. Quando l’assenza diventa presenza, quando il dolore diventa solido perché indigeribile e invivibile, ecco che la scrittura ci viene incontro.

La penna diventa uno dei pochi appigli che ci permette di non perdere noi stessi – la scrittura medicina, come la definisce efficacemente la De Gregorio – ma anche di non lasciar affievolire il ricordo della persona cara “Mauro aveva belle mani, abituate solo ad accarezzare i suoi amati libri e sfogliare i miei capelli. Ora faccio fatica a ricordarle…” o dei momenti condivisi, quei rituali apparentemente insignificanti che ci sostengono nella malinconia “Mi restano le nostre abitudini: il supermercato al giovedì.”

In questa lettera affidata ad una rubrica, Maurizia sa che le sue parole hanno un destinatario. Nelle orecchie di chi ci ascolta, così come negli occhi di chi ci legge con empatia e senza alcun giudizio, c’è sempre una mano tesa, un angolo protetto in cui abbandonarsi alle lacrime sapendo di poter ricevere un conforto, foss’altro nell’aver con_diviso parte di un fardello impossibile da portare da sola “Grazie di aver ascoltato la mia piccola storia. Le parole curano. Grazie”.

A differenza della scrittura diaristica in cui chi scrive è completamente rivolto verso se stesso (con le dovute specificità, ovviamente – c’è chi scrive sperando di essere letto, di lasciare una traccia, una memoria e chi invece morirebbe se sapesse che lo spazio intimo delle proprie pagine è stato violato) nella lettera il destinatario svolge un ruolo determinante: c’è qualcuno in ascolto.

E quello stesso ruolo lo troviamo all’interno dei gruppi, che svolgono non solo una funzione di cuscinetto, ma svolgono anche il ruolo di corpo pensante ed empatico che partecipa, consola e soprattutto accoglie.

Non isolarsi e confrontarsi è fondamentale anche e soprattutto nelle situazioni dolorose dell’esistenza, perché ci consente di ricomporre il nostro Io, così duramente messo alla prova dagli eventi.

ARTICOLO A CURA DELLA DOTT.SSA Veronica barsotti, docente, autrice, BLOGGER.

 

 

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